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i ricordi dei carnevalieri

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Tutti abbiamo dei ricordi del carnevale offidano, ma questi personaggi sicuramente sono alcuni tra quelli più accreditati a raccontarceli. Da un'idea di F. Marcucci e L. Di Luca ecco alcune interviste a dei carnevalieri offidani.

Intervista a Libero De Santis 85 anni maestro in pensione.
A cura di: Federica Marcucci

 

DOMANDA: Vorrei iniziare a parlare del guazzarò che è il costume tipico del carnevale di offida mi racconti le origini?

 

RISPOSTA: In offida si lavorava la canapa che veniva usata insieme al cotone per tessere un panno particolarmente resistente che poi veniva usato per cucire abiti da lavoro dei contadini: lu guazzaro' era soprattutto usato per svinare e per pulire le botti, ce ne era almeno uno in ogni cantina, e venne poi usato per il carnevale perché questo era considerato la festa di bacco e il guazzaro' aveva certamente a che fare col vino.

 

DOM: E l'uso dei mutandoni da dove nasce?

 

RIS: Bè quelli li usavano per lu bov' fint', non sò se conosci Pamplona .. la corsa dei tori che si fa per la festa di San Fermino a Luglio, lasciano dei tori liberi per le strade partendo da un punto per poi arrivare alla plaza de' toros, se tu vedessi i loro costumi e i nostri, sono identici ! Non si capisce proprio come non si riesca ancora a fare un gemellaggio tra queste due feste : sono uguali!i mutandoni, il fazzoletto al collo la cinta sui fianchi ,sono identici ai nostri.

 

DOM: Quindi i mutandoni che si usano a Offida sarebbero copiati da Pamplona?

 

RIS: Ma no! Il guazzarò che era il costume per eccellenza del carnevale affidano non era certo comodo per correre dietro al bove allora si andava a rovistare nel baule delle donne, i mutandoni non erano altro che le vecchie mutande delle nonne e i calzettoni calze femminili, una veste sicuramente comoda per correre ma anche buffa !

 

DOM: Quali sono le caratteristiche più particolari del carnevale di Offida?

 

RIS: Il carnevale di Offida è assai singolare: non ci sono carri sfilate e cose del genere, non c'è mai stata una divisione in sestieri e nemmeno distinzione tra il ricco e il povero, ognuno festeggiava secondo la propria possibilità, il ricco poteva permettersi costumi sfarzosi ma il povero si arrangiava: bastava portare in spalla un gigantesco broccolo e una saraga sul cappello o una borsa piena di cipolle per fare carnevale; ed era anche un modo per ricordare che di li a poche ore la settimana grassa sarebbe finita e che il mercoledì delle ceneri avrebbe visto sulla mensa i cibi della penitenza quaresimale:broccoli, cipolle,saraghe. Anche il giovedì grasso aveva un'altra usanza, fino agli anni della seconda guerra mondiale non era certo la festa dedicata ai bambini, in quel giorno andavamo nelle case delle coppie sposate che non avevano avuto figli portando in omaggio un sambuco che è una pianta sterile, ma abbiamo deciso di sospendere questa cosa perché era una presa in giro e non tutti la prendevano bene; era anche un periodo difficile e triste: il dopoguerra e non si voleva infierire, è così che si è deciso di fare la festa dei bambini.

 

DOM: Chi organizzava il carnevale?

 

RIS: C'era un comitato d'organizzazione :il Podestà e altre personalità importanti organizzavano poi si recavano in piazza a cavallo e lì facevano un proclama alla popolazione di tutte le attività in programma, era questa commissione che si preoccupava di procurarsi il bove che veniva mattato e la cui carne veniva distribuita gratis ai più bisognosi.

 

DOM: Ci sono delle prove che possono dimostrare che la corsa con il bove vero sia storicamente attendibile?

 

RIS: Ci sono documenti che regolano questa manifestazione e che raccomandano di mattare il bove entro due ore dall'inizio della corsa per le vie cittadine, è un documento del 1814: c'era Napoleone.

 

DOM: Oggi si vedono guazzarò disegnati e facce dipinte, è un'abitudine recente o anche in passato erano cose usuali?

 

RIS: Credo che quelli che oggi sono disegni più o meno fantasiosi e simpatici una volta fossero macchie di vino rosso, i segni neri sul viso si sono sempre visti: chi si disegnava i baffi, chi un occhio nero, chi si faceva tutta la faccia nera, in ogni caso ci si anneriva con un sughero bruciato: il sughero che serviva a tappare il vino. Tutto riconduce al vino.

 

DOM: Parliamo del martedì, la sera dell'ultimo giorno di carnevale si accendono i vlurd e poi dopo averli portati in processione vengono gettati tutti al centro della piazza per fare un gran falò; che senso ha questo fuoco?

 

RIS: Il fuoco purifica dai peccati commessi durante il carnevale che è il periodo dell'anno in cui si lasciano da parte le regole, è già notte e mancano poche ore all'inizio della quaresima bisogna ripulirsi dai peccati prima che arrivi il giorno delle ceneri: ci si purifica con questo grande falò.

 

DOM: Ma se non sbaglio questo non è l'unico momento dell'anno in cui si accendono dei fuochi.

 

RIS: No, infatti a Dicembre si fanno le fochere per la festa di S.Lucia : poiché questa è cieca il fuoco serve per darle la vista; per la festa della Madonna di Loreto : per illuminare la strada agli angeli che secondo la tradizione popolare avrebbero trasportato la casetta di Maria dalla terra santa a Loreto, in ogni caso c'era l'usanza di saltare attraverso il fuoco , lo facevano soprattutto i ragazzini, era un gesto di buon auspicio oltre che un gioco.

 

DOM: Mentre il carnevale può essere definito la festa del fuoco, il martedì successivo alla domenica di pasqua si parla invece di acqua, si usa l'espressione "andare a passare l'acqua" per indicare la scampagnata che si faceva fuori dalle mura cittadine. Perché?

 

RIS: Nel medioevo le mura cittadine erano circondate da un fossato che raccoglieva le acque che scendevano dalle colline circostanti, per recarsi fuori dal paese dunque si doveva passare l'acqua. Il "passare l'acqua" pasquale era dunque un momento di liberazione e di svago per gli offidani di quel periodo dopo il lungo periodo invernale e dopo le penitenze della quaresima.Si andava a passare l'acqua per godere della primavera che stava sbocciando, in seguito le mura furono modificate , il fossato scomparve e gli offidani continuarono a "passare l'acqua" lungo il corso d'acqua più vicino al paese. Oggi questa espressione si usa ancora per indicare la scampagnata del dopo pasqua.

Intervista a Leonida Massaroni 53 anni impiegato.
A cura di: Federica Marcucci

 
DOMANDA: Tu sei stato per molto tempo uno dei protagonisti del venerdì grasso. Per quanti anni hai portato il bove? Lo porti ancora oggi?
 
RISPOSTA: Ho iniziato a portare il bove da ragazzino, prima dei 18 anni stavo sotto, mentre dai18 ai 35 più o meno stavo sopra e per tantissimi anni sono stato l' unico portatore: non c'era nessun' altro poi iniziarono a subentrare altri quando alla festa iniziò a partecipare un numero sempre crescente di persone. Ricordo da bambino che a fare la corrida eravamo veramente pochi. Poi successe che parecchi ragazzi di Offida che frequentavano la scuola superiore ad Ascoli e San Benedetto raccontarono del nostro carnevale ai loro compagni di scuola e questi iniziarono a venire ad Offida per parteciparvi. Poi negli anni 70 iniziarono a partecipare anche le donne. Fu così che di anno in anno la presenza di persone al bove è diventata sempre più numerosa.
 
DOM: Nonostante oggi le donne partecipino al bove rimangono sempre un pò emarginate nell'ambito della festa rispetto agli uomini. Infatti le ragazze non portano il bove. Perché?
 
RIS: Quando eravamo in pochi e le donne ancora non c'erano facevamo un tipo di corrida che oggi non si potrebbe più fare, c'era più spazio, più calma e il bove finto poteva muoversi meglio e fare cose più spettacolari senza pericolo di incidenti. Le ragazze oggi partecipano di solito insieme al fidanzato; non c'è una regola che impedisce alle donne di portare il bove si tratta più di un problema pratico. Infatti la struttura del bove (oggi fatta di lega metallica, nei tempi passati di legno) è pesante per una donna, però è capitato di far guidare il bove dalle donne. Erano i primi anni che partecipavano e le presenze non erano così numerosa come oggi quindi era possibile controllare la situazione e permettere anche a qualche ragazza di guidare la corsa del toro. Oggi visto il caos che c'è una cosa del genere non si potrebbe più fare, infatti uno dei problemi che abbiamo oggi riguardo alla festa del bove è l'incapacità di organizzare un servizio d'ordine adeguato che eviti la calca impressionante di persone che si viene a creare soprattutto ad ogni cambio di portatore.
 
DOM: Ci sono dei termini tecnici per indicare i movimenti che si compiono durante la corsa?
 
RIS: No .Tutto si basa sull'intesa che devono avere il portatore sopra e quello sotto, si usano delle espressioni che di solito sono "carica" o "gira" che sono di comprensione immediata e permettono il migliore svolgimento dell'azione, io facevo delle cose molto particolari : lasciavo il bove da solo e mi mettevo davanti col drappo rosso facendo finta di provocarlo, oppure mi mettevo d'accordo con un altro: questo vestito da torero incitava con forza il bove sventolandogli ripetutamente il drappo rosso sotto il muso e io col toro mi lanciavo furiosamente verso di lui, poi all'ultimo istante cambiavamo entrambi direzione evitando di farci male nello scontro. Queste erano scenette molto belle che si potevano fare ai miei tempi quando la situazione era più calma.
 
DOM: Perché tutti quanti vogliono toccare il bove? Porta fortuna ?
 
RIS: Non mi risulta che sia un portafortuna. Forse le persone lo fanno per avere un souvenir. Una cosa che porta sfortuna è la mancata uscita del bove.
 
DOM: Si sono sempre usati i mutandoni per " lu bov' fint' " oppure il guazzarò?
 
RIS: Si sono sempre usati i mutandoni. Il mutandone è la divisa per il bove finto, il guazzarò è la divisa per il carnevale. I mutandoni si usavano perché erano pratici per correre ; poi venivano aggiunti il fazzoletto e la cintura rossi per far inferocire il bove. Il guazzarò invece era in origine un camice usato dai contadini per i lavori in campagna.
 
DOM: La partenza della corsa si è sempre svolta nello stesso posto?
 
RIS: No . Ad esempio all'inizio degli anni 70 si partiva dalla casa di Brunetto De Santis che sta nella piazzetta dei leoni, da lì si andava ai cappuccini , si faceva il giro e poi si ritornava verso la piazza. Oggi invece si parte direttamente dai cappuccini (davanti alla casa de " lu falc' ") per poi avere la possibilità di trattenere più a lungo il bove in piazza. Negli anni 30/40 il bove partiva da fuori porta davanti alla casa di Sor Ubaldo il quale durante il resto dell'anno si divertiva a preparare le bandierine rosse e i fischietti di canna da regalare alle persone per il bove e poi offriva da bere a tutti (ma erano 40/50 persone in tutto).
 
DOM: Che scopo hanno la bandierina e il fischietto?
 
RIS: A far inferocire il bove.
 
DOM: Dopo che il bove è stato ucciso si fa una processione per le vie del paese. Il tragitto è sempre stato lo stesso?
 
RIS: Innanzitutto ti devo dire che non si deve chiamare processione perché questo termine fa pensare a un momento triste mentre non lo è affatto. Anzi il bove morto provoca gioia perché nei tempi in cui la corrida si faceva con l'animale vero quando questo veniva ucciso, le sue carni venivano distribuite tra i bisognosi. Comunque il giro è sempre lo stesso: piazza, corso, via Garibaldi, case " vasse ", piazza.
 
DOM: Che significato ha la canzone "addio Ninetta"?
 
RIS: Non si sa che cosa c'entra col carnevale, si sa però che è una canzone che risale alle guerre di indipendenza; ciò dimostra che già a quei tempi la nostra festa si faceva già.
 
DOM: Il canto di "addio Ninetta" è accompagnato da alcune persone che suonano degli strumenti. Appartengono a qualche congrega?
 
RIS: L'uso di accompagnare il canto con la banda appartiene agli ultimi 30 anni circa; prima si cantava solo con la voce. Non c'è una congrega in particolare che ha questo compito, si tratta di un'aggregazione spontanea di suonatori appartenenti a congreghe diverse.
 
DOM: Fai parte di qualche congrega?
 
RIS: Si sto nel "Ciorpento" dal 1967.
 
DOM: Quali sono i giorni delle vostre uscite ufficiali ?
 
RIS: La domenica degli amici, la domenica dei parenti, la domenica di carnevale, lunedì sera e martedì grasso :queste uscite sono obbligatorie. Poi facciamo delle uscite estemporanee che possono nascere a causa di un bicchiere in più dopo un'allegra cena fra noi .
 
DOM: Che ruolo hai all'interno della congrega?
 
RIS: Io sono l'alfiere e porto lo stendardo che raffigura il nostro simbolo.
 
DOM: Oltre alle riunioni di carnevale, vi ritrovate anche durante il resto dell'anno?
 
RIS: Durante l'anno ci riuniamo 3 o 4 volte, poi prima di carnevale facciamo la riunione ufficiale che va sempre a finire con una mangiata e una bevuta in allegria. Ma noi siamo amici e ci frequentiamo in ogni occasione sia triste come i funerali sia allegre come i matrimoni.
 
DOM: Quando è nata la congrega del ciorpento?
 
RIS: Nel dopoguerra (1948) da un gruppo di giovani studenti: è la congrega più antica di tutte insieme alla testina. Oggi dei fondatori è rimasto solo il "serenissimo" Marco Mercolini .Chiamarono la congrega "ciorpento" rifacendosi all'etimologia di Offida del greco ophis = serpente. Inoltre il "ciorpento nasconde un altro doppio senso infatti sta ad indicare la virilità maschile. Ciò è chiaro soprattutto guardando lo stendardo e la famosa cassetta contenente un fallo maschile in legno. Questo fu fatto da un artigiano di Offida "Umberto de lu Ciaff'" per fare gli scherzi alle donne che entravano nella sua bottega. Prima che nascessero il "ciorpento" e la "testina" però c'era gia un'altra congrega: "la congrega del sambuco" che nel giorno di giovedì grasso andava nelle case di coppie sposate senza figli a portare un ramo di sambuco come simbolo di sterilità. Nel dopoguerra questa usanza fu messa da parte e sostituita con la festa dei bambini.
 
DOM: Che cosa fate il Lunedì quando entrate al teatro?
 
RIS: Entriamo suonando "addio Ninetta" poi alcuni di noi salgono sul palco e fanno un piccolo discorso sui fatti accaduti durante l'anno trascorso, si scherza un po' e poi si fanno gli auguri di buon carnevale a tutti. Poi usciamo cantando l'inno della congrega : "Nanni".
 
DOM: Secondo te il veglione del Lunedì è il più importante ?
 
RIS: E' importante perché entrano a teatro tutte le congreghe e vengono eletti "mister broccolo" e la reginetta. Però il veglione più importante é quello del Sabato. Adesso non è più così , ma un tempo era molto importante perché era un'occasione per sfoggiare eleganza e per poter ballare. Intorno agli anni 40 durante il veglione veniva fatta una gara molto simpatica: alcune persone a mezzanotte si pesavano poi mangiavano a crepapelle tutta la sera e alla fine facevano a gara per vedere chi era ingrassato di più.
 
DOM: Porti il vlurd'?
 
RIS: Prima, si ma da quando sto nel "ciorpento" non più perché porto lo stendardo della mia congrega che precede la sfilata dei vlurd'.
 
DOM: Perché si indossa il guazzarò per portare il vlurd'?
 
RIS: Per evitare di bruciarsi i vestiti . Una volta ci si metteva anche un cappello di paglia per proteggere la testa. Si racconta che molto tempo fa il Martedì grasso si portasse in processione su un baldacchino il dio Bacco vestito col guazzarò che portava al collo una collana di gusci d'uovo e una corona di alloro in testa.
 
DOM: Passiamo al cibo: c'è qualche cosa di particolare che mangi a carnevale ?
 
RIS: Ci sono i dolci tipici: le sfrappe, i ravioli, la cicerchiata palline fritte ricoperte di miele. Ci sono le castagnole che ora sono rotonde ma che una volta venivano fatte a forma di nodo d'amore come il merletto a tombolo: cioè un fiocco con un nodo centrale. La domenica si mangiava brodo di cappone, il martedì si mangiavano maccheroni fatti in casa e pollo arrosto perché si doveva ben preparare lo stomaco alle bevute del pomeriggio . Durante il pomeriggio poi si continuava a mangiare facendo le tappe a casa degli amici: naturalmente dolci di carnevale, maiale e tanto vino.
Certamente in passato l'abbondanza di cibo a carnevale era eccezionale rispetto al resto dell'anno anche perché la dura penitenza della quaresima che sarebbe presto iniziata avrebbe messo a dura prova l'anima e lo stomaco di tutti.

Intervista ad Arturo Ciabattoni ( IPPO ) 83 anni pensionato.
A cura di: Federica Marcucci

 
DOMANDA: Com'era il carnevale quando eri bambino?
 
RISPOSTA: Non avevamo niente e così per mascherarci andavamo in giro con la giacca a rovescio, la faccia tinta col sughero bruciato e percuotevamo vecchi barattoli di latta per fare la musica.
 
DOM: Hai sempre fatto carnevale?
 
RIS: Io il carnevale non l'ho mai abbandonato fino 2 o 3 anni fa, io ho sempre partecipato sia al " bov' fint' " sia al carnevale, in particolare mi ricordo che i ricchi del paese il venerdì durante la caccia al bove ci offrivano la merenda: ognuno ci preparava qualcosa di diverso, si poteva fare perché eravamo in pochi: forse 7 o 8 in tutto.
 
DOM: Perché la maggior parte dei paesani non partecipava?
 
RIS: Si vergognavano! Allora noi che invece non avevamo problemi andavamo sotto le finestre della scuola (che allora era aperta anche il pomeriggio) con i fischietti per indurre i ragazzi a unirsi alla festa; insegnanti permettendo.
 
DOM: Da dove si partiva?
 
RIS: Dalla casa di Sor Ubaldo Sergiacomi, fuori porta, questo signore ci offriva da bere e da mangiare e distribuiva a tutti fischietti di canna e bandierine rosse.
 
DOM: Che età avevi quando hai iniziato a fare " lu bov' fint' "?
 
RIS: Circa 17 o 18 anni, e per molto tempo , insieme ad un mio amico sono stato il principale fautore della festa .
 
DOM: Fino a che età hai portato il bove?
 
RIS: Fino all'età di 40 anni circa poi ho lasciato : un pò per l'età che ormai cominciava a farsi sentire e un pò perché in quegli anni iniziavano a partecipare molte persone di fuori e si creava troppa confusione, non si poteva più fare la corsa di una volta, infatti ai miei tempi potevamo permetterci di passare perfino sotto i portici col bove senza rischiare di fare male a qualcuno e lì capitava che le mamme prendevano in braccio i bambini per far toccare loro il bove finto, e ogni volta che volevamo fare qualche giro più spericolato del solito, potevamo farlo senza rischiare perché i pochi partecipanti avevano il buon senso di non accalcarsi davanti al bove ma formavano un largo cerchio intorno al bove e guardavano ciò che succedeva, io che ero il portatore esterno a volte lasciavo la guida del bove e così il portatore che stava sotto si muoveva da solo, infatti sotto la testa del bove il manto aveva un buco che gli permetteva di vedere, poi c'era Mario Casali che faceva il torero e stava sempre davanti al bove a sventolare il drappo rosso: era proprio una bella scena! Questo era " lu bov' fint' " dei miei tempi.
Una volta facemmo una cosa insolita: portammo il bove ad Ascoli: sarà stato più di 50 anni fa, ci prestarono dei furgoni e partimmo alla volta di Ascoli col bove sventolando le bandierine rosse, durante il tragitto venimmo perfino fermati dai carabinieri che ci avevano preso per rivoluzionari, per fortuna con noi c'era anche il vice sindaco, il dottor Vittorini, che ci tirò fuori dai guai, comunque arrivati ad Ascoli facemmo la nostra corrida partendo dalla stazione fino a Piazza del Popolo, in quello stesso giorno ad Ascoli c'era la sfilata dei carri: nessuno se ne interessò, tutti erano incuriositi da quello che noi stavamo facendo. Poi quando fu il momento dell'uccisione rompemmo una vescica di sangue di maiale che avevamo portato da Offida, nessuno si aspettava una cosa del genere, infatti molti che stavano guardando da vicino se ne tornarono a casa con i vestiti tutti macchiati. Alla fine uno degli organizzatori del carnevale di Ascoli ci fece moltissimi complimenti e si rammaricò di non poterci dare il primo premio poiché non ci eravamo iscritti alla gara delle mascherate.

 
DOM: Come facevate voi 2 portatori a muovervi insieme?
 
RIS: Io che stavo sopra davo gli ordini all'altro e poi il bove ha una corda che ,tirata da una parte o dall'altra serve a guidare meglio la corsa.
 
DOM: Portavi anche il vlurd'?
 
RIS: Certo tutti gli anni. Ora c'è la pro-loco che pensa a farli mentre ai miei tempi ognuno se lo faceva da sè, io il mio me lo preparavo il Lunedì notte, uscivo dal veglione alle tre e andavo in campagna a procurarmi paglia e canne.
 
DOM: Com'erano le mascherate di un tempo rispetto a quelle di adesso?
 
RIS: Non c'era niente, non avevamo mezzi, c'erano 3 dei miei fratelli che ogni anno si mascheravano, in particolare Mimì ebbe l'idea di farsi un costume da indiano con tanto di piume,abbastanza arrangiato a dire la verità , ma molto d'effetto e suonava percuotendo un vecchio barattolo di latta.
 
DOM: Che cosa mi dici a proposito dei veglioni?
 
RIS: Mi ricordo che quando ero molto giovane non c'era un'orchestra vera a suonare ma semplicemente alcuni elementi che facevano parte della banda musicale di Offida. Quando ero ancora un bambino, mio fratello maggiore che suonava il pianoforte a manovella mi portava a teatro con sé, io avevo il compito di girare la manovella e più tardi, come premio del mio lavoro, mi era consentito andare in sala a raccogliere da terra le caramelle che i signori ricchi lanciavano giù dai loro palchi.
 
DOM: Chi partecipava ai veglioni?
 
RIS: I ricchi che avevano il palco di proprietà e che potevano permettersi il costo dell'entrata e potevano sfoggiare senza problemi vestiti elegantissimi, però c'era gente che pur non potendo permetterselo al veglione non voleva rinunciare: molti non avendo i soldi impegnavano perfino la biancheria.
 
DOM: Si mangiava molto ? che cosa si mangiava?
 
RIS: Di tutto. La gente a teatro portava di tutto ; dai dolci alla pasta e si mangiava tutta la notte.
 
DOM: Durante la settimana di carnevale oggi succede che gli amici si ritrovino per pranzi e cene in compagnia. Era così anche ai tuoi tempi?
 
RIS: No , facevamo solo le merende che ci venivano offerte dai ricchi durante il Venerdì. Per il resto non potevamo fare grandi mangiate collettive. Però ci divertivamo lo stesso

Racconto di Luciano Casali 50 anni - Presidente Pro Loco Offida dal 2004 al 2012
A cura di: Lorenza Di Luca

 
Ogni cosa, dal bove al modo di vestirsi delle persone, la mamma che sin da piccolo ti prepara tutto sopra il letto... queste sono sensazioni che tu hai una volta all'anno, e che non hai per una mascherata.
 
La mascherata te la metti, sei contento, bevi vai a ballare e ti diverti, ma, per il bove, è diverso.
Quando ti vesti, in quel giorno, è come entrare dentro la storia di Offida: tu sei il bove finto in quel momento, il bove finto è il tuo, ed è tuo perchè sei offidano, perchè ti senti offidano. io ho il ricordo palese sopra il mio letto, sin da bambino, tutto stirato, bello, preciso, bianco e rosso; ed io che incomincio a vestirmi piano piano: le calze, le scarpe, il foulard rosso, la cinta rossa tutta stirata; che poi magari non ti arriva e devi mettere una spilla da balia.

 
E' come essere un torero che deve fare la corrida; e allora tu esci che ti senti tutto bello, limpido, preciso; e anche se poi, la sera arrivi che sei uno straccio, quella sensazione di pulito, di fresco, di bello, è una cosa che ti rimane....è la vestizione.
Ogni anno è la stessa cosa; e tutt'ora che ho cinquant'anni, la sento, mi gusta.
 
Mi gusta vestirmi; e non c'è un'altra cosa che possa gustarmi più di questa.
Esci come vuoi tu, ognuno si inventa quello che vuole, però, è importante rimettersi sempre la stessa cosa, a costo di tutto; anche se si è rovinata o non ti sta più bene. Io, per esempio, ero fissato con una magliettina che portavo sempre, e anche se era diventata rosa, io quella mi dovevo mettere. Il foulard deve essere quello perchè l'hai sempre portato, il fischietto deve essere sempre lo stesso ecc.
 
La ritualità di farla diventare come se fosse il massimo che ci possa essere; questo è il bove finto. Non è tanto il bove in se, gli "oh oh", ma tutta una serie di cose.
La vestizione potrebbe sembrare il minimo e invece no, parte già da li la bellezza. Io di "guazzarò" ne ho usati pochi, ho indossato più i "mutandoni", perchè all'epoca mia, anni ottanta, si usavano di più. Invece, se vedi una foto degli anni settanta, avevano tutti il "guazzarò".
 
Fino ai primi anni ottanta non vedevi nessuno vestito la mattina, perchè ti vergognavi come un ladro ad uscire; e poi erano pochi quelli che incominciarono a fare le tappe la mattina.
Poi la gente vedeva che era bello iniziare presto, infatti, agli inizi degli anni novanta, hanno cominciato a farle proprio tutti.
 
Mentre prima si andava a lavorare o a scuola e, quando tornavi a casa, mangiavi velocemente mettendo tutto in bocca altrimenti non facevi in tempo a vedere la partenza, dopo è diventato tutto più bello.
 
Infatti, le tappe della mattina, ti permettono di fare delle cose che facevi solo il pomeriggio, con la differenza che la mattina fai tutto con tranquillità, non hai l'assillo dell'orario, e puoi stare anche due ore dentro casa di un amico a ridere e a mangiare e bere, perchè non hai il bove che ti aspetta.
Quando era solo il pomeriggio avevi sempre quell'affanno, quella fretta, e anche si ti gustava mangiare una fetta di pane con la salsiccia a casa di un amico era tutto veloce, perchè il bove ripartiva.
Però mi rendo conto che, per quanto riguarda il bove, non ci ha guadagnato la mattina; così come non ci ha guadagnato con il giovedì sera, dove la gente va a dormire alle sei del mattino.
la maggior parte delle persone, sopratutto i più giovani, sono già ubriache, e questo non ti permette di fare quello che si faceva prima, quando alla partenza erano tutti sobri; che per ubriacarti un pò buttavi giù due bicchieri di vino uno dietro l'altro che neanche ti andavano, perchè dovevi stare un pò allegro.
 
Mia madre, in quel giorno, è sempre stata a casa a preparare da mangiare, a fare la tappa, come tutte le madri di Offida.
Tutte le madri di Offida preparano la tappa per i figli, è sicuro.
Sia io che mio fratello, prima uno e poi l'altro, per il bove e per il carnevale, andavamo a casa con i nostri amici a fare la tappa..
 
Le tappe sono delle merende però, siccome nel giorno del bove finto vengono chiamate tappe, tutto ciò che è ristoro, merenda, automaticamente è tappa.
La cosa bella è che, spesse volte, mi sono ritrovato dentro casa di qualcuno che non conoscevo , dove non ero mai stato.
E' una cosa normale, per esempio che se sei in giro con un amico, che conosce una determinata famiglia, quella stessa famiglia invitando lui inviti anche te.
 
Puoi ritrovarti dentro casa di una persona che non sai neanche chi è, oppure sai chi è ma non ci hai mai parlato; e ti trovi a mangiare in piedi o seduto davanti al fuoco dentro casa delle persone.
E poi ogni offidano ha il suo modo di fare il bove finto, non è uguale per tutti: ci sono persone che fanno il bove finto dentro casa, il bove non lo vedono proprio, ed escono alle sei di pomeriggio.
Questo dipende dall'età. I ragazzetti e i ragazzi fino ai trent'anni vanno, corrono, fanno le tappe ecc, dai trentacinque in su ognuno incomincia a viverlo in modo suo.
Ciò che è cambiato, da quando sono iniziate ad arrivare tante persone, è il movimento, la poesia che aveva il bove.
Era sempre un fantoccio che girava per il paese, però si faceva tutto in un'armonia tranquilla, perchè c'era meno gente e veniva rispettato di più l'oggetto.

 
Se decidevi di voler fare una cosa in piazza la facevi, se si decideva di fare un cerchio per la corrida si faceva.
Ci conoscevamo tutti e, se vedevi una madre con il bambino, con il bove andavi li, a passo d'uomo, piano piano, per farglielo toccare; era molto carino, mio padre lo faceva sempre.
 
E' migliorato, però, per quanto riguarda le persone di Offida, perchè purtroppo, ci sono stati anche anni in cui il bove è diventato cattivissimo, tanto da far paura anche a noi, a livello che dovevi scappare per quanto era cattivo.
Negli anni 80, c'erano dei personaggi che portavano il bove per farti male, quindi scappavi veramente.
 
Andavano anche contro le persone che magari erano vicine al muro, oppure giravano in continuazione, così tanto da far male.
Quello è stato un periodo veramente brutto, da far paura anche all'offidano, c'erano sempre botte.
E' stato un periodo, per alcuni, di rigetto nei confronti delle persone che venivano da fuori.
 
Erano i primi veri grandi afflussi esterni, e ci sentivamo invasi, ci chiedevamo il motivo per il quale venissero, si aveva paura che rovinassero tutto.
Dava fastidio perchè era un'invasione di persone che non facevano parte della nostra tradizione, non c'entravano niente.
E poi non erano vestiti, non erano adatti a fare quello che noi facevamo; lo stesso offidano, se non si vestiva, non veniva visto come uno di noi.
Le prime persone che arrivavano indossando abiti normali, le prime giacchettine nere, erano gli ufo; erano, non dico indesiderate, però non viste bene.
 
Oggi, questa cosa, è completamente superata, non è più un problema anzi, ogni anno vengono sempre più persone.
Che poi non so perchè, neanche a farlo apposta, ma chi viene al bove senza vestirsi viene sempre vestito di nero.
Per anni e anni, nel giorno del bove, ho parlato con la gente che veniva da fuori.
Quando vedevo uno di loro vestito normalmente, mi avvicinavo e chiedevo perchè si fosse vestito così, e molti mi rispondevano che lo facevano per rispetto nostro.
 
Invece no, per noi è l'esatto contrario.
In altri posti magari potrebbe dar fastidio, invece noi vogliamo fortemente che tutti si vestano con i colori della festa, perchè è più bello.
Chiediamo sempre alla gente di mettersi il "guazzarò" o di usare qualsiasi altra cosa che sia bianca o rossa; ma adesso, attraverso internet è più facile da comunicare.
 
E' una manifestazione che richiama molte persone, ma perchè è particolare, perchè è libera.
E poi le persone che vengono al bove non sono le stesse che vanno ad un altro tipo di manifestazione, come, ad esempio, "la quintana" di Ascoli.
 
Un'altra cosa bella, particolare del Bove, che non è scritta nel libri, è che la coppia in quel giorno non è coppia, quel giorno ognuno esce con i propri amici, poi è chiaro che se incontri tua moglie o la fidanzata ti saluti e magari stai anche dieci minuti a parlare con lei, però poi ognuno va dalla sua parte, io con i miei amici e lei con le sue amiche.
E' la storia che ci ha dato tutto questo, quindi per noi è un orgoglio. Essere orgogliosi di una cosa che hai, nel senso siamo orgogliosi di essere offidani, e orgogliosi di avere questo carnevale, in tutto.
 
Tante cose si potrebbero fare, però, alla fine, va bene pure così, perchè non puoi cambiare una cosa che non è di tutti ma è di tutti, non è mio ma è tuo, non è tuo ma mio.


Intervista a Giancarlo Laudadio ( LU FALC ) 61 anni pensionato.
A cura di: Federica Marcucci
 
DOMANDA: Qual è il tuo primo ricordo del carnevale da bambino?
 
RISPOSTA: Ricordo che quando avevo 8 anni il bove andò per la prima volta fuori dal paese. Lo portarono ad Ascoli e lì nessuno sapeva cos'era 'sto bove, la cosa che più mi è rimasta impressa nella memoria è che avevano messo le damigiane di vino sulle gradinate della chiesa, poi quando fu li momento di uccidere il bove a piazza del popolo Mario Casali fece cadere a terra una sacca piena di sangue che schizzò da tutte le parti; questa cosa fece molta impressione. Si partì da Offida con il camion a gassogeno tutto aperto e carico di bandierine rosse, a Campolungo vicino ad Ascoli, ci fermarono i carabinieri che prendendoci per matti volevano quasi arrestarci.
 
DOM: Come mai avete portato il bove ad Ascoli ?
 
RIS: Perché alcuni ricchi signori ascolani che frequentavano i veglioni, erano venuti a conoscenza della festa de " lu bov' fint' " avevano chiesto di mostrare questa strana cosa ai cittadini ascolani che ne rimasero stupiti, però alla fine questa stana festa piacque a tutti : infatti gli ascolani continuarono a venire a vedere il bove a Offida e oggi durante il venerdì c'è una tale folla (fatta soprattutto di non offidani) che non si può nemmeno camminare. Ricordo che mia madre mi raccontava che un anno durante la guerra " lu bov' fint' " e i " vlurd' " furono fatti dalle donne perché gli uomini erano al fronte.
 
DOM: Hai mai portato il bove?
 
RIS: Si, avevo 15 o 16 anni e iniziai a fare il mio carnevale: a quei tempi entrai a far parte degli organizzatori.
 
DOM: Da dove si partiva?
 
RIS: Quando avevo 14 anni ricordo che si partiva da casa di Sor Sergiacomi a fuori di porta e lì ci veniva offerto pane e olio e ci venivano distribuiti i fischietti di canna, poi questo signore morì così il punto di partenza per alcuni anni divenne il "dopo lavoro" in piazza, poi mi venne in mente di fare la partenza dai cappuccini: ma questo avvenne parecchio tempo dopo infatti io ero già sposato, si prese questa decisione per consentire alla corrida di svolgersi per la maggior parte del tempo in piazza.
 
DOM: Qual è, secondo te, la differenza più grande tra la festa attuale e quella della tua gioventù ?
 
RIS: Purtroppo oggi ci sono troppe sbornie in giro, non che prima non ci fossero, però si iniziava a bere nel pomeriggio non la mattina e quindi c'era più attenzione verso il bove. Anche la partecipazione delle donne ha contribuito a cambiare il comportamento dei ragazzi che spesso sono più impegnati a fare il filo alle ragazze che a correre dietro al bove, poi quando c'era meno gente riuscivamo a muoverci meglio anche per il fatto che la struttura del bove, essendo in legno, era più leggera di quella in metallo di oggi e quindi si maneggiava meglio.
 
DOM: Il giro che si compie dopo l'uccisione del bove è rimasto sempre lo stesso?
 
RIS: Il percorso che poi è lo stesso delle processioni religiose è sempre quello, però devo dire che anche in questo caso lo spirito è cambiato: una volta c'era più partecipazione ; e non parlo del numero dei partecipanti ma dell'atmosfera che si respirava.
 
DOM: Per quanto tempo hai portato il bove?
 
RIS: Per 7 o 8 anni o anche più. Prima di me c'erano tanti "vecchi" che lo portavano e con questi io ho imparato, poi dopo di me c'è stato Leonida, poi dopo di lui tanti altri più giovani.
 
DOM: Qual'è il portatore più importante quello che sta sotto o quello sopra?
 
RIS: Quello sopra perché l'altro non vede niente e deve essere guidato in tutto, però quello sotto deve essere molto agile perché ha un ruolo faticoso, e naturalmente tra i due portatori ci deve essere una grande intesa :è fondamentale per svolgere bene la corsa.
 
DOM: E che cosa mi dici delle tappe?
 
RIS: Ce ne erano diverse e il bello che ognuna offriva cose diverse da mangiare.
 
DOM: Come diventano le abitudini a carnevale in fatto di cibo?
 
RIS: Il carnevale vero e proprio inizia il giovedì grasso : in questo giorno si mangia 14 volte, poi durante i veglioni di Sabato, Domenica e Lunedì le famiglie nei loro palchi portavano ogni ben di Dio: vinci sgrassi, cotolette, olive ascolane, pollo arrosto e chi più ne ha più ne metta.
 
DOM: Com'erano a quei tempi i veglioni?
 
RIS: Erano molto importanti e si andava molto eleganti: occorrevano 3 vestiti, uno diverso ogni sera, anche famiglie che non avrebbero potuto permettersi il lusso , stringevano la cinghia tutto l'anno per poter pagare l'entrata, affittare il palco e comprarsi i vestiti, così tutti di giorno lavoravano per potersi permettere l'entrata al teatro di notte. Ed era dura perché la bisboccia al teatro era davvero colossale.
 
DOM: Che cosa fai il Martedì?
 
RIS: Io faccio parte dei " MUS NIR " (musi neri) che è uno dei gruppi mascherati più vecchi, siamo i primi ad uscire: alle14.00 siamo già in giro. Siamo mascherati con una tunica bianca e la faccia dipinta di nero stiamo sempre zitti e camminiamo senza dare confidenza a nessuno. A casa mia ,dopo aver fatto pranzo , facciamo la prima sosta e ci rifocilliamo con pollo e patate al forno. E così facciamo per tutto il pomeriggio andando di casa in casa mangiando e bevendo fino all'accensione dei " vlurd' ".
 
DOM: Come sono fatti i " vlurd' "?
 
RIS: Sono fasci di canne con della paglia dentro. Da qualche anno sono io a farli insieme ad un amico, purtroppo non c'è più nessuno che vuole farli perché la polvere che si respira durante la lavorazione è fastidiosa , irritante e causa anche allergia.
 
DOM: Porti il "vlurd'"?
 
RIS: Ma certo! L' ho sempre portato e ogni anno ho sempre finito col bruciarmi.

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